Nascosta. Mezzana e la nuova stazione della Ferrovia Trento Malé.

Ipertrofica e sprecona, non canta né incanta.

La presente presa di posizione critica su una recente realizzazione di opera pubblica in alta Val di Sole è il pretesto per approfondire il distacco avvenuto tra la pubblica opinione e il mondo della produzione architettonica nei nostri giorni. L'autore, di ritorno da un viaggio di ricognizioni di lavori realizzati da colleghi in aree privilegiate del Vorarlberg (Bregenz, Bludenz e Veldkirche) austriaco, avverte il bisogno di stigmatizzare l'evento. Un'analisi a tutto tondo cerca di mettere a nudo le ragioni di questo avvenuto scollamento.

UNA LETTERA SULLA FORMA IN ARCHITETTURA

(Mies van der Rohe
da Die Form, 1926)

Caro dr. Riézler,
Io non attacco la forma, ma solo la forma come fine. E l’attacco sulla base della mia esperienza. La forma come fine sfocia inevitabilmente nel formalismo. Perché si occupa solo dell’aspetto esteriore delle cose. Ma solo ciò che ha vita al suo interno può avere un esterno vivente. Solo ciò che ha una vita intensa può avere una forma intensa.

Ogni “come” è sostenuto da un “cosa”. Ciò che non ha forma non è peggiore di ciò che ha troppa forma. Il primo non è nulla, il secondo è pura apparenza. Una forma reale presuppone una vita reale. Non una vita “già stata” oppure solo “pensata”.

Questo è il nostro criterio: Noi non giudichiamo tanto il risultato quanto il processo creativo. E’ proprio questo che indica se la forma è stata trovata partendo dalla vita o per se stessa. Per questo il processo creativo è così importante. La vita è per noi ciò che decide. Nella sua totale pienezza, nelle sue relazioni materiali e spirituali.

Non è uno dei più importanti compiti del Verkbund quello di chiarire, analizzare e ordinare le nostre condizioni materiali e spirituali?
Non si deve affidare tutto il resto alle energie creative?