CRITERI E CONSIDERAZIONI GENERALI AL PROGETTO.
Quando si è "ingabbiati" dentro un perimetro prefissato da vincoli di ogni sorta, la libertà progettuale riguardo all'organizzazione spaziale del volume architettonico è pressoché nulla.
E non ci vuole molto a capirlo: è sufficiente dare uno sguardo alla planimetria di insieme. Alle spalle del nuovo manufatto sorge da sempre, proprio sul sedime e sul perimetro delle mura della Tridentum romana, il convento-collegio-scuola elementare delle Dame del Sacro Cuore del Gesù.
Gli scavi condotti negli anni '80-'90 hanno riportato alla luce parte del sistema difensivo della città murata. Al contempo hanno messo in evidenza le possibilità di riprogettare l'area con senso di consapevolezza nei confronti dei resti ritrovati, anche nello spirito della loro conservazione.
Le distanze di dieci metri dal convento -inderogabili- e l'allineamento stradale d'obbligo hanno definito la profondità. Ma non solo: precedentemente all'acquisto da parte dell'università di Trento, l'Istituto Sacro Cuore decise di edificare dei volumi interrati con criteri tali che, successivamente, potessero servire per aule didattiche. Sottostante alle aule e per due livelli insiste un funzionale parcheggio per il servizio pertinenziale.
Queste furono le premesse perché sul finire degli anni '90 L'Università degli Studi di Trento affidasse l'incarico di progettazione all'architetto Mario Botta di Lugano. L'intervento in essere risponde a queste informazioni.
Il presente studio prende in considerazione acriticamente le determinazioni sia strutturali che geologiche e geotecniche, nonché il vincolo archeologico del citato progetto, senza peraltro un approfondimento sia nelle rispettive relazioni che il doveroso colloquio con i rispettivi professionisti. L'impossibilità di accedere a tali informazioni rende labile ogni determinazione progettuale, e alcune scelte possono sembrare anche arbitrarie. In particolare questo progetto non è stato discusso con nessuno strutturista, nemmeno in via di pre-dimensionamento. Nonostante ciò, il progettista ha cercato di agire nell'ambito di soluzioni da lui già sperimentate e con il dovuto senso di responsabilità. La presente dichiarazione sembra essere imprescindibile per ogni considerazione sull'elaborato.
In ogni caso, il progetto poggia sulle scelte di carattere strutturale del progetto Botta. Se ne discosta assai dal momento in cui tali scelte non appaiono più vincolanti: in particolare laddove il terreno risulta indisturbato e grande è il livello di libertà progettuale. Nello specifico trattasi della scelta di posizionare al piano interrato l'aula magna.
Per questa soluzione si è pensato al suo interramento, vista la necessità di arrivare ad una larghezza del corpo aula tale da occupare ventiquattro sedute appaiate. Questo numero, moltiplicato per quattordici file, permette una capienza totale di 340 posti a sedere. La profondità rispetto allo schermo non deve superare tale numero di file, oltre le quali la lettura della lavagna diventa difficoltosa. Vista la capienza richiesta, le dimensioni dell'aula paiono ottimali. Questa ipotesi prevede l'occupazione di tutto il marciapiede pubblico con l'avanzo di uno spazio per l'intercapedine. Questa intercapedine potrà, al caso, ospitare tutti i sottoservizi comunali e no.
Al livello inferiore, oltre all'aula magna, compaiono alcune aule di grande capienza.
Il primo e secondo livello superiore sono stati dedicati interamente ad aule di piccola dimensione, mentre all'ultimo livello ci sono gli studi per i docenti.
Un dato sull'organizzazione generale: poiché il corpo è decisamente allungato, alle sue testate si è pensato di collocare dei corpi scala opportunamente compartimentati. Quello verso sud, in diretto collegamento con la parte esistente, funge da filtro per il controllo dei passaggi e per le vie di esodo dell'aula magna. Per "ammortizzare" l'impatto sulla pubblica strada si è deciso di arretrare il fronte dell'ultimo piano. Questa scelta progettuale ha consentito di attribuire un carattere di privatezza agli studi dei docenti che è il loro elemento distintivo naturale.
Alla fine del progetto si sono contati i posti a sedere per gli studenti. Essi assommano a ben 1400, aula magna compresa. Allora viene spontaneo confrontarli con quelli del progetto Botta ed il confronto è eloquente: non più di 800. Il loro rapporto è 1.75 che in percentuale significa il 75 % in più. Se analizziamo meglio detto progetto vediamo che l'aula magna è inesistente, in quanto non è pensabile che funzionino come tali due aule minori raggruppate assieme, il torcicollo per tutti verrebbe abbondantemente garantito. Di più: per tale risultato sono stati sacrificati due livelli d'uso che meglio potevano essere utilizzati.
Da questa esperienza una morale va tratta citando gli scritti recenti di Vittorio Gregotti: "L'architettura non è solo esibizione. I grattacieli sono ormai diventati qualcosa da mostrare come un trofeo. Ma gli edifici devono prima di tutto essere vissuti." Da Gli allegati del Corriere, aprile 2017.
E qui ci si permette di aggiungere che non solo gli edifici non sono e non debbono essere un trofeo da esibire, ma nemmeno i progettisti dell'Archsystem devono andare in giro per il mondo a costruire mausolei di se stessi.
Mezzolombardo, 27 aprile 2017